La novità, talvolta, è una conferma. E così è oggi. Proprio il contrario di un revirement: le sentenze fanno letteratura!

L’orientamento è ribadito dal recentissimo volume che ci accingiamo a conoscere, Kafka’s Last Trial, pubblicato da Benjamin Balint.

Lo studioso del The Van Leer Jerusalem Institute (VLJI), ripercorre l’articolatissima controversia (più ampiamente in www.nytimes.com) sull’eredità di Franz Kafka o meglio di Max Brod, suo amico e poi cittadino israeliano o, ancora meglio, della sua fidata Esther Hoffe, tra cui erano annoverati nientemeno che i manoscritti proprio di Kafka.

Il processo, deciso in ultima istanza dai giudici della Corte Suprema dello Stato di Israele (per i gradi precedenti si veda il saggio di Judith Butler in collaborazione con la London Review of Books), è valso il titolo non alla figlia della Hoffe, Eva, né al Deutsches Literaturarchiv di Marbach (che in precedenza ha però acquistato il manoscritto kafkiano de “Il Processo”), ma in favore della Biblioteca Nazionale di Israele di Gerusalemme.

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