Il Consiglio di Stato, con una recente pronuncia del 10 gennaio 2022 (in www.giustizia-amministrativa.it) ha affermato la propria giurisdizione rispetto al ricorso contro un diniego di autorizzazione al subappalto, dando una propria lettura estensiva del disposto di cui all’art. 133, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 104/2010 che non si arresta sempre con la sottoscrizione del contratto.

Difatti, come si legge nella sentenza e riformando l’esito del giudizio di primo grado ove il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia, Sez. II n. 975/2021) aveva parzialmente diniegato la propria giurisdizione, il Consiglio di Stato ha ritenuto che “Nella tradizionale prospettiva bifasica che caratterizza la formazione dei contratti ad evidenza pubblica, le ‘procedure di affidamento’ strutturano (nella fase propriamente pubblicistica) peculiari procedimenti amministrativi, che esitano nella determinazione conclusiva, con cui viene disposta l’aggiudicazione a favore dell’offerta selezionata, cui segue – con la ‘stipula del contratto’ e la formale assunzione degli impegni negoziali – la fase esecutiva, che prefigura situazioni essenzialmente paritetiche, rimesse alla cognizione del giudice ordinario. La distinzione emerge, con particolare evidenza, dall’art. 30, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 dove si contrappongono: a) le ‘procedure di affidamento’ che, in quanto ricomprese, come specie nel genere, nelle ‘attività amministrative’ sono assoggettate alle disposizioni di ordine generale e paradigmatico, di cui alla l. n. 241/1990; b) la ‘fase di esecuzione’ che, in quanto attivata dalla ‘stipula del contratto’, evoca le regole del codice civile, in quanto non segnatamente derogate da disposizioni di specie“.

Tuttavia, ancora i Giudici di Palazzo Spada hanno precisato che “Nella specie, l’amministrazione appaltante ha espresso un diniego parziale di autorizzazione al subappalto sul rilievo di elementi preesistenti e riconducibili alla procedura di gara, esercitando di fatto un potere pubblicistico, contrapposto ad un interesse legittimo del privato, in quanto espressamente riferito ai criteri fissati dalla ‘lex specialis’ (Cons. Stato, 19/2/2014, n. 769). Alla posizione di supremazia espressa dall’amministrazione con il predetto diniego ha fatto riscontro la soggezione della società appaltata, alla quale è riconosciuto l’interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri autoritativi spettanti alla prima, sicché la controversia relativa al legittimo esercizio di tale potere rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.” e che “deve ritenersi che nel diniego di autorizzazione al subappalto, gli interessi di carattere generale, pur connessi alla corretta esecuzione del contratto, connotano il momento pubblicistico, il quale si rappresenta nella scelta del subappaltatore nei termini di verifica del rispetto dei criteri fissati dalla procedura di gara. Ed invero, non può essere condiviso l’avviso del giudice di primo grado che considera detta autorizzazione una species di quella prevista dall’art. 1656 c.c. in materia di appalti privati, riconducendola esclusivamente ad espressione di autonomia negoziale. Mentre la ratio della previsione di cui al citato art. 1656 c.c. si collega alla natura fiduciaria del contratto d’appalto, di tal che il committente è chiamato a valutare unicamente (e liberamente) la compatibilità del subappalto con il proprio interesse a veder realizzata l’opera appaltata a regola d’arte, l’autorizzazione al subappalto è un istituto preordinato anche al perseguimento di interessi pubblici ulteriori (Cons. Stato, n. 1713/2010). Peraltro, la non riconducibilità dei prescritti poteri a quelli propri di un rapporto paritetico non si traduce in una diminuzione di tutela della società appaltata, essendovi, al contrario, un rafforzamento della sua posizione secondo lo statuto tipico del procedimento amministrativo, in primis per la necessità che l’attività autorizzativa al subappalto sia esercitata in coerenza con il pubblico interesse sotteso al contratto di appalto. Di ciò si conferma nel caso si specie.

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