“Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2019, le stazioni appaltanti, in deroga all’articolo 36, comma 2, del medesimo codice, possono procedere all’affidamento di lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro mediante affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici e mediante le procedure di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo 36 per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro” così, il comma 912 dell’art. 1 della L. 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di Bilancio 2019 in www.gazzettaufficiale.it).

Da una prima lettura trattasi di una norma derogatoria, per adesso, di vigenza circoscritta al solo anno 2019, limitata esclusivamente a contratti relativi a lavori – restando esclusi, dunque, servizi e forniture – e in cui si amplia la soglia di valore dell’affidamento diretto e si innalza quella che prevede l’applicazione della procedura negoziata tra 10 operatori.

Resta fermo che la locuzione “possono”, prescelta dal Legislatore, potrebbe onerare la stazione appaltante dal dover motivare sull’applicazione della presente norma derogatoria.

Iniziano comunque così gli scossoni annunciati per il codice degli appalti… precursori di un terremoto?

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